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La pesca a Isola Maggiore: l'attività che ha plasmato la ricchezza e il declino dell'isola

Pescatore al tramonto al Trasimeno

Tra la fine del Medioevo e l'inizio dell'Età Moderna, Isola Maggiore si afferma come il principale centro di pesca in assoluto. Testimonianza di ciò sono le ricche committenze di opere d'arte conservate nelle numerose chiese dell'isola. Nel XVI secolo, l'abitato raggiunge il suo apice con una popolazione stimata tra 500 e 600 abitanti, sviluppandosi lungo due strade parallele. Durante questo periodo, Isola Maggiore vede la nascita di figure di rilievo come Matteo dall'Isola, letterato e umanista, autore dell'opera in latino Trasimenide. Grazie a Matteo, si dispone di varie informazioni sulla storia, l'economia del lago e di altri centri storici, oltre a cenni sulla caccia e sulla pesca.

Matteo ci fa conoscere altri illustri isolani come Antonio Spennato, filosofo e medico, Guidone Vannucci, grammatico, e Marco Serperella, un altro rinomato letterato chiamato nel 1502 a ricoprire l'incarico di Precettore di Belle Lettere presso lo Studium perugino. Nel 1500, Isola Maggiore è in pieno fermento, con otto edifici di culto, la Casa del Capitano del Popolo o dell'antico orologio, la Casa delle Opere Pie, e l'Ospedale dei Disciplinati. La presenza di cinque confraternite dedite all'assistenzialismo completa il quadro, testimoniando un impegno verso gli strati deboli della società.

Tuttavia, verso la fine del '500, inizia un periodo di piena prolungato e tormentato che segna profondamente la storia locale. Le acque stagnano nei piani inferiori delle abitazioni di Isola Maggiore, Passignano e San Feliciano, portando i pescatori del Trasimeno ad abbandonare la tecnica di pesca dei tori. San Feliciano prende il posto di Isola Maggiore grazie a una nuova tecnica di cattura del pesce praticata con le cosiddette arelle all'interno della Valle.

Questo crollo economico è accompagnato da un tracollo demografico. Nel 1630, la popolazione si riduce a 355 persone, dimezzandosi nella seconda metà del secolo. Tra il 700 e l'inizio dell'800, la popolazione si attesta tra le 100 e le 150 unità. Tuttavia, nei decenni successivi, la popolazione inizia a crescere di nuovo. Nel 1904, il marchese Giacinto Guglielmi di Civitavecchia arriva a Isola Maggiore, erigendo un complesso residenziale simile a un castello che comprende l'abbandonato convento e la chiesa di San Francesco.

Con la costruzione della villa, i Guglielmi offrono lavoro a varie maestranze, dando un certo decoro alle famiglie isolane. Nel 1904, su iniziativa di Elena, figlia di Giacinto e Isabella, viene aperta una scuola di ricamo per le giovani figlie dei pescatori. Questa iniziativa contribuisce a mantenere viva la tradizione del ricamo, che continua ancora oggi lungo Via Guglielmi.

Verso la metà del secolo scorso, con il declino della famiglia Guglielmi, dell'attività peschereccia e il calo del livello del lago, Isola Maggiore attraversa una breve fase di prosperità. Tuttavia, l'impaludamento del lago rende impraticabili le migliori zone di pesca, segnando l'inizio di una lenta emigrazione verso la città in cerca di lavoro più sicuro. Nei primi anni '70, con il ritorno della pesca, Isola Maggiore inizia timidamente a vedere il turismo di massa, incentivato dal servizio di Navigazione pubblica istituito nel 1962 dalla Provincia di Perugia.

Senza dimenticare le radici pescherecce, la comunità costruisce una nuova identità, trasformando Isola Maggiore in una meta turistica molto frequentata. Il declino della famiglia Guglielmi, dell'attività peschereccia e il calo del livello del lago segnano la fine di questa breve fase di prosperità per Isola Maggiore e i suoi abitanti.

La pesca dei tori, un sistema ormai non più utilizzato da quattro secoli, è descritta come un'antica tecnica che ha segnato la pescosità del lago nei secoli passati. Questo metodo coinvolgeva la costruzione di impianti permanenti di pesca, che richiedevano la partecipazione di diverse figure della comunità lacustre. Questa pratica era diffusa nel Lago di Perugia nel Quattrocento, con circa 2000 impianti fissi di cattura. La pesca dei tori richiedeva il taglio di tronchi e pali in inverno, la preparazione di fascine in primavera e l'uso di reti di canapa. Le Compagnie di nove uomini erano organizzate con un capo barca e otto uomini di fatica, utilizzando grandi barche da carico e barche più piccole da appoggio.

Matteo dall'Isola descrive epicamente le gesta dei pescatori, che costruivano strutture circolari intorno ai tori con reti a maglia fitta per catturare i pesci. Oltre alla pesca dei tori, vi era anche la pesca del gorro, una rete lunga 120 metri trainata a riva tramite due lunghe funi. Questa rete veniva distesa in acqua a semicerchio e recuperata in tratti di costa liberi da canneti e piante palustri sommerse.

In sintesi, la storia di Isola Maggiore è segnata da periodi di prosperità economica e demografica, seguiti da sfide ambientali e cambiamenti nelle attività economiche, come la transizione dalla pesca dei tori al turismo di massa. La comunità isolana ha saputo adattarsi a queste trasformazioni, preservando al contempo le sue radici e tradizioni.

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